L’educazione alimentare attraverso il gioco e il racconto

Published on : 04/04/23
  • L’esperienza di Sara nelle scuole di Monza

    Sara ha iniziato il suo percorso in Sodexo nel 2009 come economa dietista. Dopo diverse esperienze all’interno dei centri cottura nella gestione di tutta la catena dei pasti, dove ha maturato una visione a 360° sul tema della corretta alimentazione, su proposta del suo Responsabile di Area è approdata a Monza con l’obiettivo di occuparsi dell’educazione alimentare nelle scuole della città. Una sfida nuova e diversa che Sara ha accolto con entusiasmo, scoprendo dentro di sé una vera vocazione. D'altra parte il suo sogno è sempre stato quello di fare l'insegnante…

    Con i bambini delle scuole materne mi capita spesso che durante la lezione vogliano sedersi in braccio, o abbracciarmi. È una cosa che mi viene naturale e le insegnanti mi dicono che è bello vedere l’energia che metto con i bambini.

    Cosa significa in concreto seguire i progetti di educazione alimentare a Monza?

    A livello di numeri sono praticamente tutte le scuole che gestiamo in città, quindi 8 asili nido, 8 sezioni della scuola dell'infanzia, una quindicina di classi delle primarie e due scuole secondarie. Pensa che ormai mi capita di muovermi per Monza e i bambini e ragazzi mi riconoscono per strada!

    E come ti sei organizzata per le attività? Puoi farci qualche esempio?

    Sono partita dalle linee guida fornite dall’azienda, fissando un calendario da settembre a giugno e stabilendo gli appuntamenti con ciascuna insegnante. Poi ho cominciato a organizzare le singole attività tenendo conto che avrei avuto a disposizione solo 1 ora per ciascuna classe per fare qualcosa di davvero utile.

    Le nostre attività di educazione alla nutrizione e al gusto prevedono diversi gradi di complessità e coinvolgimento a seconda dell’età. Con i più piccoli usiamo le fiabe e un approccio più sensoriale attraverso la manipolazione e la stimolazione degli altri sensi. Con le terze, quarte e quinte delle elementari abbiamo attività più educative legate a frutta e verdura. E infine con gli studenti delle medie usiamo un gioco in palestra per parlare della piramide alimentare.

    Quale percezione hai del tuo lavoro con i ragazzi?

    Ti confesso che la cosa che più mi soddisfa è la partecipazione e l'entusiasmo dei ragazzi. Quando mi dicono che è stata una bella lezione, oppure mi fermano in corridoio per chiedermi se la loro merenda va bene o ancora a distanza di mesi si ricordano i nomi dei personaggi delle fiabe o mi chiamano per vedere la piantina che è cresciuta per me è davvero un’emozione.
    Oppure quando i ragazzi della scuola secondaria mettono da parte la vergogna e ti dicono che certe cose non le sapevano o che certi alimenti non li avevano mai assaggiati, e ho la sensazione che avessero in qualche modo bisogno di fidarsi per confessarmi queste cose, allora sono proprio orgogliosa del mio lavoro.

    Come hai vissuto questa evoluzione del tuo percorso professionale?

    Benissimo. A me piace cambiare, mi piace il rapporto con le persone, stare con i bambini e questo mi ha dato la carica. Devo confessarti che non ho nemmeno sentito troppo la pressione di essere in un’aula con l’insegnante accanto. E poi il percorso che ho fatto prima mi ha aiutata nell’essere più preparata in questa attività. Io mi sono sempre occupata di diete e questo mi aiuta tantissimo quando c’è da coinvolgere bambini che hanno allergie o intolleranze. Ovviamente mi confronto sempre con la dietista di riferimento e con le insegnanti ma il mio percorso precedente mi è senza dubbio d’aiuto. Nel quotidiano posso contare anche sul supporto del mio direttore e dei team di cucina: le attività si svolgono spesso in coincidenza con l’orario di preparazione dei tavoli o dei pasti e quindi ci coordiniamo tra noi per la preparazione dei materiali o per lo svolgimento dei laboratori.

    Qual è l’aspetto più sfidante che hai dovuto affrontare quando hai iniziato questa nuova attività?

    Sicuramente entrare per la prima volta in una classe con tutti gli occhi dei bambini puntati su di me. Ma quando dopo mezz'ora mi sono resa conto che i bambini mi stavano guardando, partecipavano e mi ascoltavano ho avuto una carica pazzesca e mi son detta “ok, ce la posso fare!”. Pensa che mi ero anche portata la storia stampata su carta ma poi per essere più spontanea, diretta e coinvolgere di più i bambini l’ho messa via e ormai non porto più nulla da leggere perché mi piace creare un rapporto diretto con i ragazzi, guardarli negli occhi.

    Qual è il valore aggiunto che senti di portare in queste attività?

    Senza dubbio l’aver ripensato le attività a partire dalle linee guida per cercare di lasciare ai ragazzi un ricordo concreto. La lezione sui legumi, ad esempio, era basata sul racconto Jack e la pianta di fagioli ma mi sono resa conto che tanti bambini i legumi proprio non li conoscono. Allora ho riorganizzato il racconto impostando un percorso sui 5 Sensi, ho portato in classe i legumi nel baccello e inizio la lezione aprendo il baccello e facendo loro vedere, toccare e annusare i piselli o i fagioli, a seconda della stagione.
    Lo stesso per il percorso su frutta e verdura: anziché portare la mela e la carota, che già conoscono, porto in classe la patata viola o il cavolfiore arancione, e provo a suscitare in loro la curiosità prima di conoscerli e poi di prepararli e assaggiarli.

    Con quali altre figure di Sodexo ti relazioni per queste attività di educazione alimentare?

    Io mi muovo in autonomia ma ovviamente essendo attività da svolgere anche in refettorio devo sempre mettermi d’accordo con tutti i colleghi di Monza, dal direttore alle cuoche. Anche perché il più delle volte le attività si svolgono di mattina, spesso in coincidenza con l’orario di preparazione dei tavoli o dei pasti, e ci sono sempre parecchie cose da incastrare. Poi ci sono anche attività in cui le cuoche si fermano al pomeriggio, o magari mi aiutano a preparare le colazioni, e quindi devo coordinarmi un po’ con tutti.

    Secondo te che tipo di impatto hanno queste attività?

    Sentendo anche il parere delle insegnanti, l'educazione alimentare dovrebbe essere una materia da introdurre nel programma scolastico affinché si possano davvero cambiare le cose. Un bambino un giorno mi ha detto che non mangiava verdure da quando aveva 3 anni, e dopo averle assaggiate ha confessato che non erano poi così male. Molti bambini e ragazzi non sanno cosa sono i legumi, però conoscono benissimo il sushi e si stupiscono che la salsa di soia sia fatta proprio con un legume. Sono moltissimi quelli che non hanno mai provato a preparare delle ricette, per esempio i biscotti o la pasta della pizza, e quindi non hanno proprio esperienza della manipolazione del cibo e degli ingredienti. E questo mi fa pensare che queste attività andrebbero allargate anche ai genitori e alle famiglie e non limitarsi alla singola ora con me.

    Ultimissima domanda: come si coniuga l’educazione alimentare con la multiculturalità?

    Ormai nelle nostre scuole ci sono tantissimi bambini provenienti da tradizioni culturali e culinarie molto eterogenee e queste diversità si riflettono anche nella conoscenza del cibo. Per esempio i bambini stranieri, in virtù della loro differente cultura alimentare, spesso conoscono meglio i legumi, sono più abituati tanto a mangiarli quanto a maneggiarli. O ancora, gli alunni di origine mediorientale conoscono anche meglio le spezie e le mangiano abitualmente, così come la cipolla.
    Questi diversi livelli di conoscenza portano i bambini a confrontarsi molto tra loro e chi ha più familiarità con alcuni alimenti aiuta tantissimo gli altri.