Un anno di remote working

Un anno di remote working

Published on : 13/04/21
  • Come un anno fa, quasi tutto il Paese si trova oggi a dover fare i conti con una nuova ondata della pandemia e un ulteriore sforzo di responsabilità per contenere i contagi è stato chiesto ai cittadini e alle imprese.

    Se è vero che in questi lunghi mesi le aziende hanno affrontato importanti cambiamenti nella gestione del business, introducendo dove possibile il cosiddetto remote working, e che i siti produttivi hanno proseguito con il lavoro on-site confrontandosi ogni giorno con l’evolversi delle norme di sicurezza, oggi possiamo tirare un primo bilancio. Non tanto sul passato, quanto sul prossimo futuro: quale sarà l’impatto del lavoro da casa sui nuovi modelli organizzativi aziendali? Cosa temono e cosa si auspicano i collaboratori destinati a rientrare sul campo? E come possono rispondere le aziende?

    Ci viene in aiuto la rilevazione condotta lo scorso ottobre per Sodexo da Harris Interactive Institute, attraverso quasi 5.000 interviste online su un campione di lavoratori dipendenti di otto nazioni, selezionati secondo criteri di genere, età, categoria professionale e regione di appartenenza.

    Lavorare da casa

    Durante la pandemia 1 lavoratore su 2 ha sperimentato il telelavoro. Nello specifico, lo scorso ottobre 1 lavoratore su 5 (20%) lavorava esclusivamente da casa, ancor di più nel caso di dipendenti di aziende dei settori tecnologico, bancario e dei servizi assicurativi.
    La metà di coloro che lavorano da casa dichiara però di non avere un posto adeguato per farlo. Inoltre, anche se l'85% desidera la possibilità di lavorare da remoto, il 21% dichiara di volerlo fare da uno spazio di coworking.

    E quale percezione per il rientro?

    Rispetto al ritorno in ufficio, si registra un atteggiamento contrastante: il 48% è felice di tornare alla normalità e di poter riprendere a socializzare e collaborare con i colleghi (40%), con un sentimento che miscela l’entusiasmo (21%) al sollievo (35%). Parallelamente a quanto emerso dalle rilevazioni condotte da Harris Interactive a giugno 2020, la preoccupazione per la propria salute, quella dei familiari e la sicurezza sul lavoro cresce però di 4 punti percentuali (dal 59% al 63%).

    I pochi collaboratori che hanno vissuto un’esperienza negativa una volta rientrati in presenza, oggi hanno ancora più paura (+10%) di essere contagiati dai colleghi.

    È interessante notare anche lo stato di ansia crescente (49%) in chi sta lavorando da casa fin dall’inizio della pandemia o in chi è ancora in cassa integrazione.

    La comunicazione è fondamentale

    Fondamentale è allora per le aziende continuare a mettere in atto tutte le misure necessarie in termini di sicurezza e, parallelamente, raccontare con chiarezza ai propri collaboratori le azioni intraprese a loro tutela.

    “Una corretta comunicazione e un linguaggio adeguato sono tra i nostri primi alleati per attenuare la paura del contagio e l’ansia che deriva dai risvolti economici, professionali e sanitari della situazione attuale. È un disagio che deve essere gestito, sia a livello individuale che collettivo, poiché il benessere psicofisico delle persone dovrebbe essere una priorità per qualsiasi azienda” – sottolinea Nadia Bertaggia, HR Director Sodexo Italia. “Il mio consiglio è di normalizzare il cambiamento a partire dalla relazione umana, a beneficio del benessere emotivo, dell’esigenza di socializzazione e di coinvolgimento del singolo”.

    Se l’85% dei dipendenti suggerisce di continuare a replicare sul posto di lavoro istruzioni e avvisi di sicurezza attraverso poster e screensaver, con percentuali ancora più elevate si chiede alle aziende di presidiare la salute dei propri dipendenti attraverso mascherine, gel mani, distanziamento sociale e sanificazione degli ambienti, soprattutto nei luoghi deputati alla somministrazione del cibo.

    Fiducia fa rima con motivazione

    Oltre alla fiducia che deriva dalla sicurezza, l’altro elemento cruciale del ritorno al lavoro è la motivazione.

    Per mantenere alto l’engagement dei dipendenti, i datori di lavoro dovranno puntare allora su welfare e benefit: dalle shopping card per festeggiare compleanni e buone performance (82%) ai servizi a domicilio - si va dalla cancelleria alla lavanderia - che possano migliorare la qualità della vita in particolare di chi fa remote working.

    Oltre la sicurezza (42%), è più forte la necessità di ricevere cibo gustoso e sano (rispettivamente 62% e 47%).

    Il ritorno in ufficio si presenta dunque come un processo tanto critico quanto decisivo: le aziende devono programmarlo con il giusto anticipo, coinvolgendo i collaboratori attraverso una comunicazione costante e puntuale e la condivisione delle linee guida sulle misure adottate per garantire la salute e la sicurezza di tutti.