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Qualità, sostenibilità e trasparenza: così abbiamo ottenuto la Certificazione UNI 11584
Lorenzo Seveso è il capo cuoco dell'Istituto Palazzolo Don Gnocchi di Milano, una struttura che offre servizi sia in area sanitaria che socio-assistenziale. In questa intervista ci racconta le specificità del suo ruolo e cosa significa cucinare per un’utenza senior.
In una cucina come la nostra è fondamentale considerare per chi lavoriamo e che abbiamo a che fare con persone fragili, per le quali il momento del pasto riveste un’importanza particolare sia dal punto di vista nutrizionale che nella scansione temporale della giornata.
Ci sono delle condizioni specifiche da tenere in considerazione, per esempio la difficoltà di deglutizione, per cui dobbiamo prevedere delle preparazioni differenti degli stessi piatti, passando dal cosiddetto piatto “intero” a quello sminuzzato oppure omogeneizzato, così come le diete speciali o quelle dettate da determinate patologie. È ovviamente tutto più complesso rispetto alla cucina di una scuola o di un'azienda, ma è anche molto stimolante perché ogni giorno è sempre diverso.
Quello di capo cuoco è un ruolo sempre più a tutto tondo: io ad esempio sono cuoco, ma non sono operativo. Il mio compito primario è quello di supervisionare il team di cucina e intervengo nella preparazione solo in caso di necessità. Per fare questo è fondamentale creare un vero gruppo, un team affiatato perché in cucina non puoi fare tutto da solo. Non è sempre facile conciliare visioni e necessità differenti: oggi la sfida è quella di far lavorare insieme persone con culture e sensibilità diverse. Ogni volta devi trovare la chiave giusta per creare dialogo e motivare le persone: ad esempio per me è importante che tutti capiscano che non ci limitiamo a preparare dei pasti, ma che lavoriamo per un fine più alto, quello di far stare bene le persone che serviamo.
La sfida principale è quella di garantire agli ospiti un pasto come se fossero a casa. Questo passa prima di tutto dal fare bene il tuo lavoro, con passione, e arrivare a fine giornata potendo dire a te stesso e al tuo team che si è lavorato bene. Poi dal punto di vista pratico questo significa trovarsi a risolvere qualche problema, come un turno del personale che è saltato, oppure una consegna mancata da parte di un fornitore, e allora bisogna aiutarsi a vicenda, mettersi in gioco e magari anche pensare un po' fuori dagli schemi per arrivare a garantire in ogni modo il tuo servizio.
Personalmente considero tutti gli ospiti un po' come dei nonni e questo è un grande stimolo per garantire loro momenti di qualità, prestando attenzione ai loro bisogni ma anche ai loro suggerimenti, che possono aiutarci a migliorare il gusto delle pietanze e il comfort complessivo del pasto. In passato dopo aver inviato i carrelli ai reparti andavo personalmente a chiedere se le pietanze erano gradite, se c'era qualcosa che si poteva migliorare, se gli ospiti erano soddisfatti. Vedere gli occhi e i sorrisi di queste persone che riconoscono di essere stati ascoltati è un’emozione fortissima, umanamente e professionalmente.
Devo premettere che in una cucina come questa abbiamo dei capitolati da rispettare come se fossero il Sacro Graal, sia per la tipologia di utenza che per i controlli rigorosi. Detto ciò la cucina è pensiero, e questo ti permette di essere un po' creativo, di mettere in pratica le tue conoscenze. Lo puoi fare nel modo in cui combini gli ingredienti, giocando con colori e consistenze,o nel creare un impiattamento diverso.
Che messaggio lanceresti a chi si prepara a fare il tuo stesso lavoro?
La cucina è passione e sicuramente per fare questo lavoro, soprattutto agli inizi, devi sapere che è richiesto molto impegno. Devi mettere molta farina del tuo sacco, impiegare il tuo tempo per imparare il lavoro da chi ha più esperienza di te e metterti all’ascolto.
Tutto questo però in futuro ti darà grandissime soddisfazioni e la possibilità di esprimere te stesso, il tuo estro, il tuo talento e la tua fantasia.
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